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Il 2020 delle etichette
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Un anno in chiaroscuro, vissuto tra i contraccolpi della pandemia e le sfide a cui i converter sono messi di fronte da un mercato vitale. Ecco l’analisi del comparto etichette tra occupazione, tecnologie e nuovi trend.

Il mondo delle etichette europeo ha vissuto un anno decisamente particolare. Provenendo da un 2019 in leggero calo in termini di vendite rispetto all’anno prima, si è ritrovato a fronteggiare un primo trimestre in cui l’esplodere della pandemia ha ulteriormente fatto calare questo dato. Al tempo stesso, un aumento esponenziale della domanda – soprattutto nei segmenti delle etichette commerciali (prodotti alimentari, prodotti per la cura della persona e della casa), mediche e segnaletiche autoadesive - ha portato l’intero continente a fare scorta di materiali.

 

Magazzino e livelli occupazionali

Secondo i dati Finat Radar, la principale preoccupazione dei converter durante i primi mesi dell’anno era procurarsi le materie prime per continuare a lavorare e solamente il 16% ha affermato di non aver avuto alcun problema in merito. Regno Unito e Irlanda sono i paesi dove la problematica si è sentita meno, in quanto alla pandemia si sommavano i rischi della Brexit. L’Europa centrale è stata invece l’area che ha vissuto i maggiori problemi in tal senso. Come conseguenza di questa corsa, le scorte di magazzino hanno raggiunto nel secondo trimestre del 2020 il picco massimo negli ultimi sette anni. Al tempo stesso, i livelli occupazionali non hanno subito modifiche sostanziali. Solo una piccola parte dei converter europei ha dovuto ridurre il numero dei propri dipendenti e la maggior parte non è mai entrata in tale ottica.

 

Tecnologie e mercati

La redditività complessiva anno su anno del comparto è cresciuta, ma con differenze anche stridenti a seconda delle zone. I converter dell’Europa centro-meridionale e delle isole britanniche hanno registrato vendite in crescita e una redditività sui livelli del 2018, mentre l’areale scandinavo ha visto un calo anno su anno di quest’ultima pari al 3,8%.

A dispetto di queste disparità, il 20% dei converter è intenzionato a acquistare almeno una nuova macchina. Il principale driver d’investimento è il maggior focus sul proprio core business, in crescita a causa della pandemia; in secondo piano progetti di espansione verso nuovi mercati, in particolare quello delle etichette linerless il cui appeal presso i converter è in forte crescita.