Che la corsa dell’inkjet su tutti i terreni del printing sia inarrestabile è ormai un fatto certo. Inizialmente confinata a una cerchia di settori applicativi specifici, dal momento in cui questa tecnologia ha avuto i numeri per uscire dai circuiti di applicazione più definiti, ha dato uno scossone alla struttura del nostro mondo così come lo conoscevamo, ripartito in maniera netta e contrapposta tra analogico e digitale.
Si sono così scatenate partnership e collaborazioni inedite tra i colossi della offset e i vendor storicamente riconosciuti come inventori e pionieri delle tecnologie di stampa digitale. Partnership che hanno consentito di unire le forze: expertise, risorse e R&D dando vita alle prime rotative digitali e a una nuova generazione di sistemi di produzione.
Come avviene in campo automobilistico, in prima istanza la valutazione di una macchina si gioca sulla velocità, un aspetto ch,e insieme alla qualità, è stato uno dei primi che ha animato l’antica sfida tra offset e inkjet di produzione. L’evoluzione del getto di inchiostro si è subito affinata toccando elementi che si sono aggiunti a quello cruciale della produttività: si parla di teste di stampa sempre più precise e performanti in termini di dpi, di tecnologie che ottimizzano i percorsi carta associati a sistemi di asciugatura brevettati per consentire una maggiore stabilità e precisione. Ma anche di sistemi di carico automatizzati, mettifoglio precisi, finishing e nobilitazione in linea. I formati si sono evoluti offrendo soluzioni via via più flessibili per emulare quelli di offset, serigrafia, flexo e a volte anche rotocalco.
Dall’UV alla stampa sublimatica, dalla marcatura agli inchiostri edibili a quelli water-based. Oggi è quasi difficile individuare un supporto che non può essere stampato con tecnologia inkjet: carta e cartone, compreso il corrugato, tutti i tipi di tessuto, tutte le declinazioni dei materiali plastici, da quelli flessibili a quelli rigidi, legno, materiali compositi, vetro, piastrelle, metalli e molti altri ancora. A questi si aggiunge il fatto che è possibile personalizzare oggetti finiti come tazze, valigie, occhiali, lenzuola, cuscini e scarpe. I settori di applicazione sono dunque infiniti, dalla stampa grafica editoriale, commerciale, photobook, packaging ed etichette si passa a moda e design, dall’interior decoration all’OOH. E che dire della decorazione di automezzi? Si può personalizzare dal monopattino all’aereo di linea… Ma anche il food dice la sua: non avete mai mangiato un dolce – torta, biscotto o cioccolatino – stampato a getto di inchiostro? Per non parlare dell’arte, che merita un capitolo a sé. Fino alla stampa industriale in tutte le sue infinite declinazioni, alcune delle quali vedono soluzioni ibride in cui le teste a getto di inchiostro sono applicate a sistemi di stampa complessi o all’interno di processi di produzione industriali fino a pochi anni fa inimmaginabili. Laddove i costi di produzione erano ancora una variabile che teneva l’ago della bilancia del break-even in bilico tra analogico e digitale, per un certo tipo di applicazione il single-pass ha aperto la strada per un’ottimizzazione anche sulle medie tirature. Personalizzazione è la parola magica che ha fatto la fortuna della stampa inkjet nei diversi ambiti in cui si è affermata e continuerà a farla, ma anche libertà di stampare un pezzo diverso dall’altro senza i costi fissi di lastre e cliché.
Una sfida che avrà sbocchi sempre più ampi e inaspettati cavalcando il trend green, grazie allo sviluppo di soluzioni che impiegano inchiostri base acqua sfruttando tecnologie progettate per consentire la stampa su supporti naturali e uncoated. E per questo in grado di impattare il meno possibile sull’ambiente.
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