L’esperienza dell’ultimo anno e mezzo ci ha insegnato che bisogna farsi trovare pronti al cambiamento, perché proteggere il proprio business vuol dire anche essere in grado di reagire in modo efficace e avere strumenti rodati che consentano di farlo in tempi brevi rappresenta un vantaggio competitivo. Ma quali sono questi strumenti? Ne abbiamo parlato con Ivan Ortenzi, Innovation Evangelist di BIP-Business Integration Partners.
“La pandemia ci ha messi di fronte a una vera e propria rivoluzione. Eravamo abituati a vedere il cambiamento e l'innovazione in modo antropocentrico: le aziende dovevano “dedicarsi” a cambiare e venivano invitate a farlo perché rappresentava un’opportunità da cogliere. Oggi la situazione è diametralmente rovesciata: siamo passati dalla opportunità alla necessità. Innovare e cambiare non sono più delle opzioni da valutare, bisogna farlo per sopravvivere. E questo cambiamento di passo ci ha colti in contropiede. Anche perché l'innovazione fatta per necessità è quasi sempre basica e, nel caso del Covid, è riuscita paradossalmente a trasformare la digitalizzazione - da sempre intesa come strumento di innovazione - in non-innovazione.
Ed è avvenuto perché è intervenuto un fattore esogeno. Di solito i fattori esogeni che impongono il cambiamento dall’esterno sono la legislazione o l'avvento di nuove tecnologie, in questo caso il fattore esogeno è stata la pandemia. Per questo non possiamo più parlare di digitalizzazione come innovazione, ma come condizione necessaria - e purtroppo neppure sufficiente - per sopravvivere.
Mi piace descrivere la situazione attuale come una fionda. Ci sentiamo tirati indietro e stiamo aspettando che il sasso possa essere lanciato. I due elastici che lo tendono sono l'innovazione dei modelli di business - che rappresentano la fase due della digitalizzazione - e la sostenibilità, cui sono destinati gran parte dei fondi europei per la ripartenza, una sostenibilità che deve essere sociale, ambientale, economica, e che, dunque, inevitabilmente impatta e modifica i modelli di business.
Ed è dunque su questi due obiettivi che le aziende oggi devono concentrarsi. Innovazione del modello di business e sostenibilità sono come due lenti legate tra loro e a legarle sono da un lato gli investitori, che chiedono a gran voce innovazione e sostenibilità soprattutto nel lungo e medio periodo, e le nuove generazioni, i nuovi consumatori, che stanno maturando una sensibilità diversa nei propri bisogni e processi di acquisto che sono sempre più legati a sostenibilità e innovazione tecnologica.
Cosa devono fare allora oggi le aziende? Il nostro Primo Ministro qualche tempo fa ci ha fatto capire che non si potrà salvare tutto e tutti. Bisognerà fare una scelta, ecco perché oggi bisogna essere pronti a scegliere o essere scelti.
La selezione sarà inevitabile e verrà premiato quello che è innovativo e sostenibile. E questo vale per i prodotti, i mercati, le professioni.
Dovremo necessariamente scegliere, perché questa è la condizione per poter essere aiutati a livello europeo. E le prime a dover operare delle scelte saranno proprio le aziende.
Per questo abbiamo elaborato un sistema di gestione che abbiamo denominato 3-I Canvas, un sistema semplice, immediato e sintetico, che fa capire quali sono i tre criteri da seguire.
La prima I è quella di “Inevitabile”: bisogna mettere a fuoco quello che è fondamentale per il proprio settore, che si tratti di tecnologie, di mercato, di competenze.
La seconda I è quella di “Immaginabile”: le aziende devono imparare a sviluppare capacità innovativa verticale. Fino a qualche tempo fa la spinta all'innovazione arrivava sempre da un bisogno o da una richiesta di coloro che appartenevano all'anello successivo della filiera. Oggi questo modello va cambiato. Le aziende devono imparare ad innovare verticalmente, partendo da loro stesse e uscendo progressivamente dalla filiera all'interno della quale fino ad ora si sono trovate. Bisogna individuare quali filiere si ostineranno a essere non sostenibili e non innovative e scegliere le altre, perché solo da questo deriverà la sopravvivenza. L’immaginabile è il salto verticale di chi ha capacità generativa fuori dalla propria filiera.
La terza I è quella di ”Imponderabile”. La pandemia è stata imponderabile. Si dice che bisogna rendere le nostre aziende resilienti e anti-fragili, ma per farlo bisogna imparare a pensare a quello che è imponderabile, a quello che è difficile possa accadere, ma che in fondo sappiamo tutti che è una opzione, come appunto era la pandemia. Tutti sapevamo che avrebbe potuto presentarsi, ma nessuno ci ha pensato. Oggi questo è un esercizio che dobbiamo imparare a fare per capire come diventare anti-resilienti: dobbiamo insomma prepararci a ciò che non conosciamo.
Queste tre I rappresentano uno strumento a disposizione di tutte le aziende, indipendentemente dal loro settore o dalla loro dimensione. Lo dimostrano i fatti: chi ha resistito meglio all'impatto della pandemia è chi si era attrezzato guardando avanti: chiera già digitalizzato, operava sui mercati internazionali, aveva modelli digitali che gli permettessero di funzionare anche senza essere in stretto contatto con i propri clienti. Oggi infatti qualunque azienda voglia fare business deve assolutamente essere ibrida, avere anche canali digitali e offrire una esperienza digitale del proprio prodotto servizio.
Naturalmente, la reazione sarà diversa per aziende di dimensioni diverse, ma oggi qualunque realtà deve innovare il proprio modello di business e sostenibilità.
Aspettare che tutto torni come prima non è più un’opzione. Certo, esistono piccole e medie imprese che sono ferme ad aspettare che tutto riprenda, poi ci sono le realtà aperte all'innovazione e all' internazionalizzazione. La differenza? Se alla prima tipologia di azienda offrissi un milione di euro da investire in innovazione non saprebbero da dove partire, le seconde, invece, avrebbero mille idee. Naturalmente l’opzione di essere scelta sarà maggiore solo per una delle due".
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